Candomblé
Candomblé
Il Candomblé è una religione che viene dall’Africa. Venne portata dagli schiavi in Brasile dove si sincretizzò con le tradizioni degli Indios e il cattolicesimo.
Nella mia esperienza è un cammino spirituale in cui si ritorna alla natura, al servizio e alla presenza nell’azione. Quando ho conosciuto la mia Mãe-de-Santo, la sacerdotessa che guidava il terreiro in cui sono andata a imparare le pratiche di questa tradizione, ho incontrato una donna vestita di bianco con l’olà in testa, un panno che le copriva l’orì e i capelli, e un sorriso bellissimo.
Dopo 16 ore di viaggio in pullman, tra strade argillose e scoscese, siamo arrivati alla stazione dove ad aspettarci c’era un’auto vecchissima che faceva rumori strani. Ci rimettemmo in viaggio per arrivare alla nostra destinazione, un quartiere che si sviluppava su una collina. La casa di Mãe era alla fine di una salita ripidissima, l’auto dovette accelerare al massimo per poter arrivare all’ingresso di casa.

Si dormiva a terra, con le stuoie. C’era un cortile di terra e cemento dove si svolgevano i rituali e le guarigioni, dove si cucinava e si prendeva l’acqua dal grande lavello per farsi la doccia in cortile. Al nostro arrivo facemmo una doccia in cortile, mentre le donne che ci avevano aspettato fino a tarda notte, parlavano tra loro. Questo sovrapporsi di luoghi e di tempi, la naturalità dei gesti – per me, occidentale – fu un vero e proprio shock ma anche una grande lezione di vita.
Essere l’unica bianca, suscitare la curiosità degli sguardi, tutto era strano… Un inizio destrutturante! Non è possibile spiegarlo o descriverlo a parole. È una sensazione che non si può nè leggere nè studiare. Tutto ciò succedeva a me, che sono così cerebrale, o almeno lo ero.
Il Candomblé è fatto di fede, di saggezze ancestrali, di capacità di muovere le energie molto aldilà di quello che immaginavo a quei tempi. Esso è fatto di canti, offerte, candele, desideri, tempi dilatati.
Sono entrata in questa Casa di Santo, così si chiama, e ci sono tornata per 16 anni. È stata la Casa verso cui ho viaggiato tante, tante e tante volte. E Mãe è stata mia madre nella via dello spirito. Ho visto, ricevuto e imparato pratiche di pulizia energetica, offerte, fede e allegria. Ho imparato a nutrire la mia fede, ogni giorno un po’ di più. Per me – occidentale – è stato come tornare alle antiche pratiche viste nei miei viaggi di bambina, comprendere lo sguardo innocente e la grande potenza della natura.
Oggi per me il Candomblé è un cammino del cuore per tornare alla purezza, al sorriso e all’innocenza dei bambini. È uno spazio-tempo in cui si intraprende un viaggio di guarigione e si ritorna alla purezza dei propri elementi.
Per il Candomblé ogni espressione della vita è collegata ad archetipi che noi definiamo attraverso gli elementi della natura. Per noi gli aspetti diversi della natura sono i messaggeri degli elementi, delle forze originarie che permettono il manifestarsi della vita così come la vediamo su questo pianeta. Queste forze si chiamano Orixá.
Ognuno di noi ha questi elementi in sé, tutti li abbiamo! Ma ognuno in combinazione e proporzione diversa. Tre sono i principali che ci definiscono, ci guidano e informano nella nostra esistenza.